In genere al Gina’s, al termine della serata, ci si rilassa sui divani in pelle del ristorante e si fanno quattro chiacchiere e una birra. Ed è li che si intraprendono i discorsi più disparati. Si parla di esperienze di vita vissuta, di vecchi amori, di sesso (quello sempre), di progetti per il futuro…
L’altra sera, ad esempio, è venuto fuori un bel discorso sul tema della fortuna e della felicità.
C’era chi sosteneva che la felicità e una vita fortunata siano già scritte nel destino di una persona e che un buon 50% di quello che saremo è già insito in ognuno di noi. Mah e boh.
Innanzitutto mi sono appena accorta che all’interno del dizionario di Word, tra i vari sinonimi di “fortunato”, compare anche la parola “felice”. Ma chi l’ha detto che se uno è di per sé fortunato, di conseguenza debba anche essere felice?
Una persona non può essere fortunata ma infelice, sfortunata ma felice?
Secondo me, fortunati o meno, la felicità non è uno stato d’animo che si raggiunge… la felicità va cercata nelle piccole cose di tutti i giorni. Che poi, cos’è la fortuna?
Una serie di coincidenze astrali favorevoli che ci colgono di tanto in tanto o una realtà che ci si crea o meno a seconda di come uno si relaziona alla vita?
Noto che la Nuova Zelanda mi sta facendo diventare troppo filosofica.
Sapete che vi dico? Io, per natura, non mi reputo una persona fortunata… nonostante ciò mi sento la persona più fortunata del mondo per avere avuto la possibilità di fare quello che sto facendo (non parlo in termini economici sia chiaro). Ad ogni modo, se sono dove sono adesso non è per fortuna, è per tutta una serie di eventi che con gli anni mi hanno portata a prendere decisioni tali da ricondurmi fin qui. Ma questo naturalmente vale per tutti. Non è destino… è fisica: ad ogni azione corrisponde una reazione. E sì, sono felice.